giovedì 28 giugno 2007

Veltroni non cancella il bisogno di sinistra

La discesa in campo di Veltroni come candidato alla segreteria del PD sollecita commenti e dichiarazioni. E la novità è rilevante.
Ma come distinguere gli effetti certi da quelli probabili, o sperati, o forse millantati?
Una premessa. Non aver scelto il il PD non significa auspicarne il tracollo.
Un PD al 15/16% regalerebbe il governo del paese al centrodestra. E dunque ben venga Veltroni, se potrà risollevarne le sorti.
Possiamo dirlo proprio perché la candidatura Veltroni non muta affatto il progetto politico del PD. E non ne risolve le contraddizioni fondamentali.
Chi ha lasciato i DS - come io e molti altri per la Sinistra Democratica - ha detto no al dissolvimento della sinistra in un soggetto politico moderato e volto al centro.
E chi potrebbe mai pensare che Veltroni sia tanto di sinistra da riorientare il PD? Ricordiamo con simpatia come Veltroni non fosse di sinistra nemmeno quando era segretario del maggiore partito della sinistra. Figuriamoci oggi.
In realtà, come segretario del PD, Veltroni torna a casa.
O forse la casa ritrova il legittimo proprietario, superando pretese abusivamente avanzate da altri.
Ma le domande rimangono tal quali.
C'è bisogno di una forte sinistra in Italia? Con o senza Veltroni, sì.
Ed è una risposta dettata da milioni di lavoratori in una condizione di precarietà che ne comprime i diritti, e ne distrugge la dignità.
Da milioni di famiglie vicino o sotto la soglia di povertà, per cui piccoli eventi di vita quotidiana come una cura medica o un cambio di casa sono un ostacolo drammatico ed insuperabile.
Da milioni di giovani che non possono metter su famiglia, o fare un mutuo per acquistare una casa. Da una istruzione pubblica che perde qualità, e non è più strumento di mobilità sociale, di eguaglianza, di competitività del sistema paese.
Dal Sud che vede accrescersi il divario con il paese forte, perché mancano le politiche pubbliche necessarie. Ovvero ancora dalle tante donne che una legge oscurantista e medievale sulla fecondazione assistita costringe al turismo sanitario.
Dal milione e passa di persone che chiedono la pari dignità dei PACS come in gran parte d'Europa. Dai tantissimi che vedono nel testamento biologico un elemento di civiltà giuridica. Ed altro ancora.
Questioni su cui l'ensemble DS-Margherita osserva oggi un fragoroso silenzio. E cosa può mai cambiare con Veltroni segretario del PD?
Né Veltroni in campo cancella la domanda di una politica nuova, più pulita, più trasparente, non dominata da logiche lobbistiche, clientelari, familistiche, di clan. Non basta certo la scelta di un leader, o una primaria vissuta come catarsi.
C'è bisogno di una discontinuità vera e testimoniata, a Roma e in periferia. Che differenza fa un segretario Tizio, Caio o Pincopallo, se gli amministratori continuano a ignorare le best practices come - con eccezioni - hanno fatto finora?
Forse che nascendo il PD si chiederà a tutti di dimettersi? Niente affatto. Nel patrimonio genetico del PD dominano gli attuali attori: sindaci, presidenti, assessori, con le corti al seguito. Dov'è la scommessa di una politica nuova?
Da questo punto di vista, Napoli e la Campania sono un esempio emblematico.
Il centrosinistra a lungo governante presenta luci, ma anche molte ombre oscure. Se vogliamo che ritrovi credibilità e competitività non possiamo ignorarle, e tanto meno lasciare al centrodestra la bandiera del rigore e del buon governo.
Forse che Veltroni segretario potrà - con tocco salvifico - riportare nella media nazionale l'aspettativa di vita dei cittadini campani, oggi più bassa? Cosa cambierà per la sanità, i rifiuti, l'evasione scolastica, il traffico, le periferie degradate, la sicurezza, l'illegalità diffusa, la disoccupazione giovanile, Bagnoli, il dissesto ambientale, e così via?
Sostituiremo amministratori incapaci e dirigenti compiacenti, magari collusi? Taglieremo consorzi, società miste, prebende, consulenze, incarichi, finanziamenti a pioggia, favori assortiti, mandando a casa amici e clienti? Smetteremo di gestire il potere al fine del consenso personale?
Chiediamo e chiederemo discontinuità.
Per offrire oggi all'opinione pubblica, e domani agli elettori, una sinistra portatrice di politica nuova, e di speranza nuova.

Massimo Villone - Senatore Sinistra Democratica

mercoledì 27 giugno 2007

Clima, una tragedia annunciata

Più delle relazioni scientifiche è ormai il vissuto quotidiano a dirci che il clima sta cambiando. Un vissuto di drammi e duri disagi, che assomiglia ad un vero e proprio bollettino di guerra: anziani uccisi dalla calura, incendi, naturali e dolosi, che si mangiano quel po' di verde che la cementificazione selvaggia ha risparmiato, i record dei consumi elettrici che giorno dopo giorno vengono infranti, provocando inevitabili e diffusi blackout, che oltre al disagio di lasciarci senza elettricità spengono anche i semafori, facendo, come a Palermo, impazzire il traffico. Imprevedibile sarà, nelle prossime settimane, l'aggettivo più usato da politici e manager delle grandi compagnie energetiche. Ed invece si tratta di tragedie e disagi ampiamente annunciati su cui qualcosa si poteva e doveva fare.
Non c'è dubbio, infatti, che da mesi i metereologi dicono che ci sarebbe stata un'estate torrida. Lascia dunque un po' sconcertati l'assenza di politiche con cui far fronte a questi disagi e colpisce che si annunci al paese che il governo a settembre farà una conferenza nella quale definirà le proposte di adattamento al clima che cambia. In poche parole se ne parla la prossima estate, per questa ci si dovrà arrangiare. E' almeno augurabile che il governo eviti di compiere le fesserie di quello precedente. Come non ricordare la lettera ufficiale che il ministro della Sanità Sirchia spedì a tutta la popolazione anziana, con la quale consigliava gli anziani di passare le giornate nei condizionatissimi supermercati, condannandoli così a morte certa. Così come si spera che il governo ci eviti la martellante campagna televisiva sui black out e il risparmio energetico, tipo quella di questo inverno, quando ogni sera, a causa della famosa chiusura delle forniture di gas da parte dell'odiato Putin, si chiedeva ai cittadini di risparmiare energia e diminuire di un grado la temperatura delle case, lasciando poi che Enel ed Eni lucrassero profitti enormi usando il gas risparmiato dai cittadini per produrre elettricità da vendere all'estero. Ed ancora non chiedeteci di limitare l'uso dei condizionatori d'aria dopo che la popolazione è stata spinta da una insistente campagna pubblicitaria a comprarli, sapendo che gran parte di essi sarebbero stati installati su case colabrodo dal punto di vista dell'efficienza energetica.
Molto più serio sarebbe dedicare un consiglio dei ministri a questa situazione. Si potrebbe ad esempio definire politiche di prevenzione degli incendi puntando su un'estensione dei controlli che facesse leva, oltre che sulle forestale e i vigili del fuoco, sul volontariato diffuso, di cui questo paese è ricco, che potrebbe offrire più controlli attraverso una rete di avvistatori di incendi, che sappiamo essere determinanti per la riduzione del danno. Ed ancora perché non puntare ad una vera e propria mobilitazione di associazioni e società civile per garantire agli anziani assistenza continua? Altro tema da discutere sarebbe quello dell'acqua, nel senso che va predisposto dopo tanto parlare di siccità un piano che privilegi fra i diversi usi quello umano, come la legge italiana prevede, chiedendo quindi per gli usi agricoli ed industriali, turismo compreso, politiche di risparmio e di razionamento. Infine non sarebbe il caso di chiedere a bar e locali pubblici condizionati di risparmiare energia tenendo chiusa la porta di ingresso?
Insomma di cose da fare e praticabili ce ne sono molte. Si tratta di deciderle. Farlo darebbe ai cittadini, quelli anziani in particolare che rimarranno nelle città perché i loro redditi, pur avendo evitato la cura Giavazzi, non consentono ne' condizionatori ne' vacanze, la sensazione di un governo che sa che esiste una parte della popolazione in difficoltà e che di essa si vuole interessare. Oltre ciò però è decisivo compiere una scelta definitiva sui cambiamenti climatici, definendo la strategia con la quale il governo italiano intende realizzare gli obiettivi europei, che prevedono una riduzione delle emissioni del 20% entro il 2020.
In poche parole il DPEF ci dirà quanto risparmio energetico questo paese intende realizzare e con quali strumenti, risorse e scelte fiscali? Ed ancora qual'è l'obiettivo che il documento di programmazione economica persegue per quanto riguarda le fonti rinnovabili o la ricerca? Forse se ci si incamminasse su questa strada da un lato si eviterebbe da un lato di rispondere ai disagi dei cittadini dicendo che si farà una conferenza a settembre per studiare i cambiamenti climatici e dall'altro si darebbe a questo paese e alle sue classi dirigenti il messaggio che la tutela del clima e dell'ambiente non sono vincoli che bloccano l'economia ma un'occasione di benessere lavoro e qualità della vita.

Massimo Serafini (tratto da aprileonline.info)

lunedì 25 giugno 2007

Non siamo ministri estremisti

Intervista a Fabio Mussi pubblicata da L'Unità il 24 giugno 2007
Non siamo ministri estremisti

«È impressionante che si definiscano estremisti quattro ministri che chiedono al proprio governo di rispettare il programma».

Fabio Mussi giudica «a dir poco sorprendenti» le reazioni alla lettera che insieme ai ministri Ferrero, Pecoraro Scanio e Bianchi ha inviato venerdì al presidente del Consiglio. «Qualche commentatore ci ha definito irriducibili, termine utilizzato per le Br», scuote la testa il ministro per l’Università e la Ricerca. «E questo perché chiediamo di conoscere il Dpef prima di votarlo? Perché richiamiamo l’attenzione su punti essenziali di una piattaforma costruita non nel covo dei soviet ma nella Fabbrica del programma di Prodi?».


La lettera inviata al premier ha suscitato diverse reazioni critiche. Se l’aspettava, ministro Mussi?

«E perché avrei dovuto? Abbiamo richiamato il governo alla coerenza con il suo programma. A cominciare dall’abolizione dello scalone e dal superamento della legge trenta. La lettera ha contenuti chiari. Parte dall’ennesimo intoppo che c’è stato nella trattativa sulle pensioni tra governo e parti sociali. Una trattativa che ha prodotto risultati, ma che ora sta andando avanti con cifre che ballano e con il metodo delle docce scozzesi. Servono cifre chiare e la determinazione del governo a raggiungere l’accordo».


C’è però chi vi ha definito “irriducibili”.

«Sì, termine usato per le Br. E il fatto che siano giornali diciamo democratici a farlo è sorprendente. Se abbiamo sentito l’esigenza di scrivere questa lettera è perché siamo preoccupati che in una situazione politica difficile come quella attuale la trattativa con le parti sociali possa andare in fumo. E questo sarebbe un guaio grandissimo per il governo, che è di fronte all’esigenza di un rilancio».

Nella lettera si parla anche di Dpef, e il portavoce del governo Sircana ha richiamato al “rispetto delle prerogative di ciascun ministro”.

«Bene. Ma a parte che la Costituzione prevede il principio di collegialità nel governo, cioè che siamo tutti responsabili di ogni provvedimento dell’esecutivo, è proprio per quello che dice Sircana che voglio sapere cosa prevede il Dpef su ricerca e università. Siccome ho una responsabilità, devo essere messo in grado di esercitarla. E quindi devo sapere qual è il documento fondamentale su cui il governo orienterà le sue politiche economiche. Siccome siamo a cinque giorni dal Consiglio dei ministri che si occuperà del Dpef, vorremmo vederlo prima per poterlo valutare, discuterlo e poi approvarlo. Non si può fare il bis dell’anno scorso, quando il testo ci venne dato a poche ore dall’inizio del Cdm».


Il ministro Turco vi obietta che simili discussioni si devono affrontare appunto nel Consiglio dei ministri, non con lettere pubbliche.

«Ma qualcuno crede che queste questioni non siano state sollevate nei precedenti Cdm? Crede che non abbiamo già discusso del livello di informazione con cui a volte passiamo alle decisioni? La questione è stata sollevata, più volte direttamente col presidente del Consiglio. Questa volta abbiamo compiuto un atto politico per vedere se la situazione migliora»


Così però si dà un colpo all’immagine del governo, si rischia di indebolirlo.

«Non capisco perché. Noi vogliamo rafforzarlo. Penso che non ci siano alternative a questo governo. Che sia il punto di equilibrio politico più avanzato. Ma bisogna farlo funzionare. Dobbiamo chiamare a raccolta le forze, coinvolgere, lavorare sulle idee. C’è un problema di rilancio, lo vedono tutti. Le amministrative sono state non un campanello ma un campanone d’allarme. Un certo malumore nei nostri confronti può essere connesso al fatto di governare, però forse ora ha superato la misura. C’era chi diceva “molti nemici molto onore”. Ma “tutti nemici” non si può, scontentare tutti non si può».


Epifani ha detto all’Unità che sente aria da 1919, che vede gli industriali come novelli agrari di allora, che guarda con preoccupazione alla sollecitazione degli istinti più bassi.

«È un allarme forte quello di Epifani. È una persona riflessiva e attenta a ciò che dice. Non ha sparato a caso. Il suo è un allarme che coglie un punto. E che condivido. L’ultima uscita di Montezemolo è inquietante. Non può essergli scappata. E se gli è scappata è freudiano. La sua è stata una doppia battuta. La prima, tremenda e intollerabile, è che i sindacati rappresentano i fannulloni. Un insulto ai lavoratori italiani, una cosa che il presidente di Confindustria non può né dire né pensare. L’altra battuta è che rappresenta più lui i lavoratori dei sindacati, quando è uno degli elementi della vita democratica la capacità dei grandi sindacati confederali di rappresentare il lavoro. Anche questa battuta ha un sapore politico. È l’idea di un blocco proprietario che attrae i consensi popolari. Oggi c’è una sommossa dei ricchi e il disincanto dei poveri. E Montezemolo suona la carica».


Come giudica la candidatura di Veltroni a segretario del Pd?

«Una buona notizia. Il Pd stava andando a infrangersi fragorosamente. Con Veltroni c’è la possibilità di un esito più solido. Dopodiché, non è che cambia il mio giudizio su carattere e natura dell’operazione Pd. Il dissenso resta».


E allora perché una buona notizia?

«Un Pd che galleggia al 20% e una sinistra frammentata sarebbe un disastro. Ho concluso il mio intervento al congresso dei Ds dicendo buona fortuna, speriamo che tutti e due i progetti, quello del Pd e quello dell’unificazione della sinistra, abbiano successo, perché in questo modo è ragionevole immaginare le coalizioni del futuro in un quadro bipolare e non trasformistico. Continuo a pensarla così, e penso che Veltroni sia un interlocutore migliore di altri».

domenica 24 giugno 2007

Lettera dei Ministri Mussi, Bianchi, Ferrero e Pecoraro Scanio a Romano Prodi

Riportiamo il testo integrale della lettera inviata a Romano Prodi, che ha provocato reazioni spropositate da parte di alcuni componenti del Governo ed amplificate da alcuni quotidiani nazionali.
Una lettura serena della nota evidenzia, invece, un richiamo forte al programma approvato dall'Unione e segna significativi passi in avanti sul terreno della ricerca dell'unità delle forze della sinistra italiana.


Caro Romano,

ti scriviamo questa lettera innanzitutto per segnalarti la nostra forte preoccupazione relativamente al modo in cui viene condotta la trattativa con le parti sociali.

Non condividiamo infatti la posizione con cui il governo - e segnatamente il ministro dell'economia - affronta questa trattativa. Da un lato le risorse messe a disposizione per affrontare i temi sul tappeto sono troppo limitate e dall'altro il balletto delle cifre determina un quadro francamente incomprensibile per il Paese tutto.
Noi riteniamo che la drammatica emergenza sociale che abbiamo ereditato dalle sciagurate politiche del governo Berlusconi, debba essere affrontata di petto, in coerenza con il programma che ci siamo dati e su cui abbiamo vinto le elezioni. Questo a partire da: lotta alla precarietà, attraverso il superamento della legge 30; impegno relativo ai cambiamenti climatici tramite l'efficienza energetica, le fonti rinnovabili e la mobilità sostenibile; definizione di un serio intervento per l'edilizia pubblica; rilancio della formazione e della ricerca scientifica; abolizione dell'iniquo scalone sulle pensioni.
La "questione sicurezza", così sentita nel Paese, deve essere affrontata prima di tutto con la ricostruzione di un sistema di sicurezza sociale e ambientale. A tal fine il contributo del governo nella redistribuzione delle risorse recuperate dalla lotta all'evasione fiscale deve essere netto ed inequivoco, non acconsentendo a quelle richieste di riduzione del debito a tappe forzate che provocherebbero solo danni al paese, sia sul piano sociale che economico, e anche su quello delle specifiche politiche della sicurezza delle persone.

Ti chiediamo quindi di imprimere al Confronto con le parti sociali la necessaria svolta capace di rispondere positivamente alle ragioni che ci hanno portato a vincere la sfida elettorale dell'anno scorso.
Inoltre, proprio per la rilevanza che la politica economica ha sui destini del paese, riteniamo che la discussione sul Documento di Programmazione Economica e Finanziaria non possa ridursi ad una sua frettolosa ratifica all'interno di una seduta del Consiglio dei Ministri. Se l'anno scorso abbiamo dovuto lavorare in una situazione di emergenza, quest'anno è indispensabile adottare un metodo di discussione e decisione effettivamente collegiale. Il DPEF deve poter essere discusso e valutato, sia in sede politica che con le parti sociali, in modo da farne un documento di effettiva programmazione economica, discusso e concordato in una procedura trasparente, nel rapporto con la maggioranza, le forze sociali, il paese.
Riteniamo pertanto che il testo del DPEF debba essere messo a conoscenza dei Ministri e delle parti sociali un congruo numero di giorni prima della data prevista per la sua approvazione in Consiglio dei Ministri.

Un caro saluto,

Alessandro Bianchi, Paolo Ferrero, Fabio Mussi, Alfonso Pecoraro Scanio