sabato 12 maggio 2007

Intervento di Angius - Roma, 5 maggio 2007

Grazie, care compagne e compagni,
adesso non so da dove cominciare dopo le parole di Fabio.
Io non so se riuscirò ad esprimere pienamente quello che sento.
So però che oggi è una giornata importante per me e per tutti noi e spero, come ha detto Fabio, che lo sia e lo sarà per la Sinistra italiana, per l’Unione, e sopra ogni cosa per la democrazia italiana, e per il futuro dell’Italia.
Abbiamo condotto una battaglia congressuale all’interno dei DS da posizioni diverse ma oggi siamo qui, insieme.

E sono convinto di aver fatto la scelta giusta. E sono convinto che stiamo facendo qualcosa di buono.
Mentre Fabio parlava riflettevo su come potrà essere catalogata dai politologi, dai commentatori politici questa nostra straordinaria assemblea.
Promossa da noi, da voi, organizzata con pochi mezzi, pochi soldi, niente strutture organizzate, eppure così non solo partecipata, ma sentita.
Io penso che sia il segno di una volontà, di una partecipazione, di un protagonismo di quanti, e non siamo solo noi, che vogliono riappropriarsi nel nostro Paese della costruzione del proprio futuro. Che non vuole delegare ad altri.
Un movimento, sì, un movimento della società civile, vera, non quella virtuale, fatta di uomini e di donne, giovani e anziani, studenti e operai, lavoratori autonomi e intellettuali che salgono su un pullman, se lo pagano, si fanno mille chilometri, vengono a Roma perché il loro Paese lo vogliono fare e costruire in un modo nuovo, diverso, e affidano alle idee, alla passione civile delle donne e degli uomini della sinistra italiana.

Questa vostra presenza, care compagne e compagni, ha secondo me un significato profondo. Restituisce passione alla politica ed elimina quell'aridità che troppo spesso ha invaso e pervaso anche la politica nostra.
Per molti di noi quei mesi trascorsi, settimane e giornate sono state difficili.
Vedete, non si aderisce ad un partito, come a volte anche a me è stato detto, non si compie un atto così impegnativo per inerzia.
A un partito si aderisce per un’intima convinzione, la sola che muove una coscienza, che da consapevolezza dell’agire, che ispira la razionalità di una scelta.
La politica è anche il movimento delle idee, è cogliere le idee in movimento.
E’ una, non la sola delle ragioni della politica.
Ragioni tanto più da ricercare oggi nella sfida aperta per il governo delle società contemporanee, in un mondo sempre più globalizzato, che ci entra in casa, con le immagini terrificanti del terrorismo, con i suoi suoni a volte strazianti, con suggestioni spesso lontane, staccate dal nostro tormento quotidiano vissuto.

C’è un mondo, c’è una società che quasi sempre, anche per nostri difetti, del vecchio partito al quale appartenevamo fino a qualche giorno fa, è quasi sempre più avanti della politica.
E la politica insegue, annaspa, a volte farfuglia e non sempre trova risposte.
Perché ha smarrito il senso della sua funzione.
E questo è valso in questi anni anche per noi, forza di sinistra, a cui è sfuggito il significato di una sfida che è politica, ma che è anche culturale e ideale per il governo della società.
Governiamo l’Italia, sì.
La governa l’Unione, tutte le forze di sinistra, per la prima volta insieme, non era mai accaduto. Abbiamo una responsabilità enorme. Non possiamo fallire.

Negli anni passati abbiamo contrastato e vinto una destra che ha messo in ginocchio l’Italia e abbiamo liberato l’Italia da una destra rozza e illiberale, che pretendeva persino di riscrivere la storia democratica dell’Italia cancellando la data di nascita della democrazia italiana.
Quel 25 aprile che non sarà mai cancellato. L’Italia è stata liberata allora dal fascismo e dal nazismo.E’ nata allora.

Ma quelle elezioni, le ultime elezioni noi, diciamoci la verità, le abbiamo vinte per un pelo: alla Camera abbiamo vinto per 25.000 voti, ma al Senato abbiamo perso per 428.000 voti. Siamo in maggioranza perché c’è la legge “Calderoli”.
Se ci fosse stata la legge che noi, le forze dell’Ulivo, allora volevamo, noi non saremmo al governo del Paese. L’Italia era spaccata a metà. Le prime parole di verità su questo le pronunciò qualcuno di noi, ma venne duramente redarguito Fabio se lo ricorda pubblicamente le disse il Capo dello Stato nel messaggio di fine d'anno quando disse un risultato elettorale di sostanziale parità.

Non abbiamo riflettuto perché se dopo 5 anni di governo della destra e di quella destra, quello è stato il risultato, l'Italia spaccata a metà, forse, con modestia, avremmo dovuto interrogarci anche su noi stessi, sui nostri limiti e sui nostri difetti e domandarci se noi conosciamo davvero la società italiana che vogliamo guidare e governare.
Se la conosciamo nei suoi lati oscuri e negativi, se la conosciamo nelle sue potenzialità positive, nei suoi difetti, nei suoi bisogni, nei suoi sogni, nelle sue energie al fine di dare risposte nuove, speranza, fiducia, rendendola protagonista questa Italia vera del lavoro dei giovani dell'impresa della ricerca per costruire una società più giusta, più coesa, più aperta, più unita. Questa riflessione non l'abbiamo fatta.

Governiamo una Italia che è politicamente spaccata e divisa ed è la mancanza di questa riflessione critica ed autocritica su di noi che oggi ci crea davanti delle difficoltà che appaiono insormontabili, ma non lo sono.
Una destra che coltiva i suoi sogni di rivincita ma possiamo respingere il suo assalto.
Io penso guardate, lo dissi poco prima che il governo si formasse, che il nostro primo impegno avrebbe dovuto essere quello non di far nascere il PD ma di rendere più coesa l'Unione, più efficace l'azione di governo, più diretto il rapporto con la società italiana perché qui ci giochiamo tutto, noi, la sinistra italiana, le forze del centro sinistra, ecco una delle nostre missioni.
Dare noi, forze di sinistra, un contributo nuovo di idee e di proposte e far si che anche il governo di cui facciamo parte, quello di cui fa parte anche Fabio e tanti altri amici e compagni che qui sono presenti, faccia ancora qualcosa di più.
Lavori in modo più coeso, stabilisca una sintonia più diretta con il paese ed il governo, con il mondo del lavoro, ma anche con i medici, con il mondo della scienza, ma anche della formazione con i giovani, con quel mondo del lavoro di cui riscopriamo l'esistenza se c'è qualche fischio a Mirafiori o quando, come sta accadendo, ed è accaduto anche oggi, un operaio muore sul lavoro. Non sono in discussione i risultati dell'azione di governo.

C'è stata una positiva discontinuità nella politica estera. C'è un'azione del governo che da questo punto di vista va apprezzata.Si è riconquistata credibilità nella scena internazionale. C'è stato l'impegno per il risanamento della finanza pubblica, per avviare riforme economiche e sociali, per investire come ha chiesto Fabio poco fa nella riforma e nella ricerca o nella sanità pubblica, ma molto resta da fare.
Simbolicamente quei 19.000 contratti precari regolarizzati per il lavoro dei call center sono stati un primo positivo segnale, al quale però altri, mi auguro, debbano seguire. Attenzione però, perché le difficoltà politiche per l'unione sono dietro l'angolo.
Fatemi aprire una piccola parentesi: io sto guardando con grande preoccupazione al modo in cui, anche da un punto di vista politico, l'Unione ma diciamo anche i Ds e la Margherita o se volete il Partito Democratico, o persino il governo sta gestendo il referendum elettorale.Ora, che sia necessario cambiare quella legge è fuori discussione, ma la mia opinione assai netta è che essa, questo cambiamento, vada fatto in Parlamento.

Io trovo abbastanza incredibile che ministri in carica firmino una iniziativa referendaria di questa portata. Perché se la prima condizione, come è scritto nel programma dell'Unione, per cambiare la legge elettorale è quello di cercare una intesa, ed è giusto che sia così, con l'opposizione, ma prima ancora sarebbe necessario che una proposta di modifica della legge elettorale venga concordata tra tutte le forze dell'Unione.
Si può dare rappresentanza e governabilità e noi dobbiamo stare attenti, dobbiamo riflettere su questo punto e su questo passaggio anche alle trappole che ci tende la destra, alle trappole che ci tendono e ci stanno tendendo secondo me Berlusconi e Fini. Il governo non è tutto.

E' evidente che c'è una crisi della politica nel nostro Paese.Là dove si pensa che solo con nuove leggi elettorali o improvvisate formule organizzative si può pensare di ristabilire un rapporto autentico e diretto con l'Italia che lavora e che studia, allora no, si commette un errore.
La nostra politica è chiamata al compito di offrire nuove motivazioni sapendo che quello che è in atto in Italia è una battaglia ideale e culturale, un tempo si sarebbe detto per l'egomonia sulla concezione dello stato, la visione della società, la rappresentanza degli interessi.
Una campagna micidiale è stata fatta in questi mesi alla quale non abbiamo risposto che ha cercato di farci credere che era giunta la fine della sinistra e la fine, anzi, è stato detto, la morte del socialismo e delle idealità socialiste.
Io penso che quelle idealità saranno, certo non da sole, i riferimenti essenziali per ogni politica di innovazione, di cambiamento, di emancipazione non solo nel mondo ma in Europa e nel nostro Paese.

Il neoliberismo di questi anni è stato l'anima della globalizzazione che ha offerto una visione del mondo che è l'opposto di qualsiasi idea di progresso. Quell'idea nata dall'illuminismo, dal socialismo, dal liberalismo democratico più aperto e dalle correnti più aperte cristiano democratiche.
Quell'antisolidarismo, quell'egoismo sociale, quell'antistatalismo che sono stati i punti forti della campagna ideologica della destra, scaricando costi sociali delle ricette economiche sui più deboli per non parlare dello scatenarsi delle guerre, dei conflitti di religione, per non parlare degli scontri di civiltà, per non parlare di aver favorito la distruzione dell'ambiente, tutte queste cose sono state fatte non dalle forze di ispirazione democratiche e socialiste ma dalle forze del liberlismo più spinto è il neo liberismo che porta la sua responsabilità nell'aver fatto giungere il mondo quasi ad un punto di non ritorno nel rapporto uomo natura.

Nello stesso tempo però, care compagne e compagni, le nostre democrazie sono apparse sempre più svuotate nelle sue funzioni di rappresentanza e di garanzia di fronte all'invadenza pervasiva dell'economia e della finanza, di fronte alla privatizzazione della politica, di fronte ad una società che non offre ripari, che è attraversata da mali oscuri che producono separazioni, muri, steccati, in cui la fragilità delle vite e la violenza delle esistenze restano purtroppo senza risposte.

Sono questioni di fondo che riguardano il male oscuro della nostra società ma che chiamano le forze democratiche di sinistra ad un suo profondo rinnovamento.
C'è un travaglio della democrazia italiana dentro la quale l'antipolitica, il populismo, il clericalismo diventano forme e contenuto attraverso le quali nuove corporazioni tendono ad arrestare l'evoluzione della nostra democrazia, l'estendersi dei diritti sociali e l'estendersi dei diritti civili.Parliamo del conflitto di interessi, ma vogliamo parlare anche di Telecom.

L'economia italiana soffre di forme di capitalismo parassitario non basate sul normale sviluppo dell'impresa ma su forme di speculazione non sempre lecite e frequemente sostenute da un intervento statale che non sempre promuove sviluppo e benessere.
E' debole quella politica che subisce senza reagire a questo ruolo subalterno ed è forte invece quella politica che si riappropria del suo ruolo e quindi di una rigenerazione della democrazia economica nella ferma difesa dell'interesse collettivo ripartendone egualmente i suoi costi senza scaricarli sui più deboli.
La domanda che ci siamo posti è se in questo contesto che viviamo la sinistra democratica di ispirazione socialista abbia esaurito il suo ruolo, la sua funzione.E abbiamo detto di no.

Da altri si è detto che bisogna andare oltre. Andare oltre. Me lo sono sentito dire anche al Congresso. Oltre dove!Sono molti anni che andiamo oltre senza andare mai avanti.

Io sono persuaso che il cammino non solo nostro ma dell'umanità sarebbe stato più difficile se esso non fosse stato percorso da quei valori, da quelle idee, da quella forza inesauribile che sta nelle idealità socialiste ma sono ancora più convinto che la modernità e la forza innovatrice del pensiero socialista consista nell'aprirsi a nuovi apporti, a nuove culture, l'ecologismo, il liberalismo democratico, le culture nuove della sinistra, del femminismo e della non violenza, rendendo così indissolubilmente legati democrazia e libertà, partecipazione e decisione, diritti sociali e diritti civili. Si, la libertà delle persone.
Libere nel loro sesso, nella fede religiosa, nella lingua, nel colore della pelle, e quelle antiche radici sono capaci di far germogliare la speranza di un mondo più giusto, di una libertà autentica nel pensiero e nell'azione.
Questo vuol dire perseguire l'obiettivo di una nuova democrazia, di una nuova economia, della buona e piena occupazione.
Questo vuol dire concorrenza vera e leale tra tutte le imprese, non la protezione statalistica per alcuni, questo vuol dire impedire lo strapotere del mercato sulle persone fisiche, sui lavoratori in carne ed ossa, così come sulle istituzione e sulla politica.

Tutto questo si chiama libertà di sé e per sé. Si chiama rifiuto dell'offesa, della sopraffazione, dell'isolamento si chiama uguaglianza dei diritti.Il tratto indistinguibile della sinistra nella sua storia.

Questo è ciò che serve alla nostra società sempre più multiculturale e per noi sinistra moderna, multiculturalismo e ricchezza della nostra società, della nostra economia, della nostra cultura, il multiculturalismo crea nuovi intrecci sociali, nuovi osmosi culturali, nuovi finalità pubbliche e lo fa abbattendo secondo noi steccati, muri barriere, costruendo nuovi rapporti perché parte dalla persona umana, dai suoi bisogni materiali, dalle sue speranze di vita.
Vedete sulle scelte che abbiamo fatto Fabio ed io, con quei percorsi diversi che sapete, nella giornata di ieri sono usciti due significativi articoli.In un editoriale dell'Espresso firmato da Edmondo Berselli si parla della scelta da noi compiuta, con considerazioni serie, di cui lo ringrazio, sul nostro travaglio sulla nostra serietà, pur non condividendole.Sull'Unità invece è uscito un articolo del compagno Reichlin che si è rivolto in questo caso direttamente a me.In particolare riprendendo il mio intervento al Congresso.

In questo articolo, questo compagno al quale mi legano amicizia e affetto sinceri, ha scritto che io pur di attaccare il Partito Democratico avrei pronunciato parole di un anticlericalismo di altri tempi e ha scritto che io, Gavino Angius, avrei fatto il gioco di Ruini, ho indebolito Prodi e ho isolato con quell'intervento i cattolici democratici.
Onestamente non pensavo di aver fatto un intervento così potente.
Tra l'altro, Alfredo nello stesso articolo scrive che questo mio intervento su questo passaggio ha ricevuto molti applausi. Ora si dovrebbe interrogare Alfredo sugli applausi, non su quello che ho detto io, perché quella platea era al 75% composta da compagni che hanno votato la mozione alla quale lui ha aderito non alla mia.
Ma il fatto è, caro Alfredo, che io ho detto delle cose molto semplici, delle cui purtroppo non mi pento. Fondamentalmente ne ho detto due.
Una richiamando un documento della Cei che ho citato testualmente quando ho detto che nel momento in cui la Chiesa sollecita cittadini italiani che svolgono funzioni pubbliche come medici, infermieri, personale amministrativo, giudici, insegnanti, parlamentari nell'esercizio della loro funzione pubblica quando si devono pronunciare su questioni attineneti la vita umana individuale dalla sua nascita alla sua fine cioè dagli embrioni, le cellule staminali sino alle forme di conclusione della vita, debbono seguire i precetti dettati dal magistero della Chiesa alla quale appartengono e non alle leggi dello Stato.
Ho detto che questo pronunciamento della Cei, e lo confermo, è un attacco all'articolo 20 della Costituzione Repubblicana.Ho poi aggiunto, e lo ripeto, che il family day è una manifestazione politica contro i DICO cioè contro una legge del governo italiano fatta non per difendere la famiglia ma per impedire che quella legge venga approvata. E' una legge di civiltà per una grande democrazia e per un grande paese come il nostro.

Io credo nel primato della ragione come valore guida dell'agire umano e penso che la laicità sia un principio di democrazia per tutti, credenti e non credenti.
Il laico cerca il dialogo con le religioni perché sa che esse contengono un messaggio di speranza e tendono ad una finalità umanistica e io ne approfitto per esprimere la solidarietà all'arcivescovo Bagnasco per gli attacchi e le minacce che gli sono state rivolte ma la Chiesa, anzi le Chiese, lo voglio ripetere sono libere nell'esercizio della loro nobile missione.
Ma anche lo Stato lo è e lo Stato è sovrano. Io capisco, lo dico ad Alfredo, che tutto questo possa creare difficoltà al nascente Partito Democratico ma se mi permetti caro Alfredo il gioco di Ruini, l'indebolimento di Prodi o l'isolamento dei cattolici democratici che sono tanti e suppongo tanti anche in questa sala lo fa non questa denuncia ma semmai il silenzio assordante che abbiamo sentito su questi temi, in queste settimane, purtroppo anche dal Partito Democratico.

Oggi nasce come ha detto Fabio un movimento, non un partito, che ha l'ambizione di riavvicinare le forze della sinistra italiana già coinvolte nella comune responsabilità del governo dell'Italia.
Io penso che la democrazia italiana abbia bisogno di questo, care compagne e compagni, non solo noi, le nostre persone, la nostra comunità, non solo l'Unione ma la democrazia italiana, la società italiana.
Noi da soli questo nostro movimento non potremmo fare molto, ma se saremo capaci di aprire quel confronto di cui si è parlato, serio, aperto, costruttivo che parta dal vissuto reale della società italiana, il lavoro, la scuola, l'iniziativa internazionale del nostro paese, le grandi questioni ambientali, se ci sarà come mi sembra da parte dei Comunisti italiani, dei Verdi, di Rifondazione Comunista, ma anche da parte di tante forze, movimenti, componenti sociali e culturali attente e sensibili a questi grandi temi, se ci sarà questo confronto allora inizierà la semina e poi in primavera i fiori germoglieranno e la sinistra italiana avrà aperto allora una pagina nuova della sua storia.

E' questo il cammino che vogliamo intraprendere, rispettosi delle storie di ciascuno, attenti ai contributi di tutti.Ci è stato detto al Congresso di Firenze che questo spazio questa opportunità non c'è perché si ha la pretesa, davvero curiosa, che il Partito Democratico che non è di sinistra, lo ha detto Prodi, non è socialista, lo ha anche detto Prodi, che non può appartenere al Partito del socialismo europeo per la semplice ragione che Prodi è Presidente onorario del Partito di Bayron, il partito democratico europeo e per la semplice ragione che Rutelli è segretario organizzativo di quel medesimo partito, si ha la pretesa chiamandosi Partito Democratico, così ci è stato detto, di rappresentare tutti, le forze di sinistra, la sinistra riformista, le forze di ispirazione socialista.

No, cari compagni del Partito Democratico questa è una pretesa assurda e noi ve lo dimostreremo.La scomparsa dei Ds pone l'esigenza di ripensare la sinistra italiana una sinistra forza di governo e noi riaffermiamo la necessità storica di questa presenza in Italia di una autonoma forza democratica, socialista, laica, riformista parte integrante del partito del socialismo europeo e vogliamo contribuire, dopo decenni di divisioni e di rotture, a far si che maturi in tutte le diverse componenti della sinistra italiana l'esigenza di una netta inversione di rotta, offrendo alla società italiana una sinistra plurale e unitaria che nelle sue diverse componenti, nelle sue distinte peculiarità ritrovi la sua missione di rappresentanza e di governo e vogliamo fare questo attraverso nuove forme di partecipazione alla politica, rinnovandola.
Il nostro oggi è allora un messaggio aggregante di unità ma anche di vitalità politica, di energia culturale, di passione civile. Tutto facile tutto semplice. No non lo è.

Non faremo lo stesso errore di quelli che hanno detto facendo il Partito Democratico è già tutto fatto. Noi siamo più seri. Ci vogliamo mettere tutti in discussione e discutere tutto.
Certo che ci sono distinzioni, percorsi, storie diverse ma tutto è in movimento. Siamo in movimento noi. Lo è Rifondazione Comunista ne abbiamo parlato a lungo con Franco Giordano, lo sono i Comunisti Italiana ne abbiamo parlato a lungo con Oliviero Dilibero, fatti nuovi, importanti, sono in movimento i Socialisti Italiani. Siamo andati con Fabio al loro Congresso e fatemelo dire in quel Congresso mi ha colpito il loro orgoglio.
Guardate, la storia riguarda noi, anche noi, nessun partito socialista in Europa, in nessun paese, anche dopo le più cocenti sconfitte, persino umilianti come è accaduto 5 anni fa in Francia, ha cancellato se stesso, ha annullato se stesso.
Solo noi abbiamo stabilito in Italia che no, che bisognava sciogliere, distruggere, cancellare, abolire ed io sono rimasto ammirato da quei compagni socialisti che hanno resistito in questi anni alle bufere e all'isolamento e ho capito il loro orgoglio e li dobbiamo ringraziare di essere qui oggi con noi.

Nella mozione congressuale ho scritto che non sarei uscito dalla sinistra e non sarei uscito dal Partito del socialismo europeo. E sarà così anche in futuro.
Ma questo non mi impedirà e non ci impedirà come diceva Fabio a conclusione del suo intervento di compiere una strada insieme a quelle forze come Rifondazione e i Comunisti italiani percorrendo lo stesso cammino per costruire in Italia una sinistra unitaria nelle sue componenti con l'obiettivo di creare una grande forza plurale della sinistra nuova.
Insieme, nella distinta peculiarità di ciascuno potremo a partire dai grandi problemi, lavoro, ambiente, ricerca, ruolo dell'Italia aprire un confronto serio.
Questo è lo spirito che anima il mio impegno.
Ci incamminiamo per una strada nuova, la possiamo percorrere con fiducia.
Saremo soli forse a lottare come movimento a mani nude.

Ma c'è in noi una grande ambizione, una determinata volontà. Quella di cambiare il corso di una storia per la sinistra italiana che qualcuno considerava finita e ridotta ad un ruolo subalterno, di supporto.
Voglio concludere, care compagne e compagni, perché la sinistra italiana da oggi ricomincia.
Noi siamo consapevoli delle difficoltà e delle battaglie che ci attendono ma siamo anche coscienti della nostra forza che sta in ciò in cui crediamo e a cui non rinunciamo.
Concludendo il mio intervento al Congresso dei Ds ho fatto forse un riferimento che qualcuno non ha capito, alla fine della storia.
Nel secolo scorso si tentava di indirizzare la storia verso il progresso, la società senza classi, il premio delle libertà. Adesso invece sembra che quello che conti siano i destini personali, i percorsi individuali, si forma un partito e si litiga immediatamente sui leader.
No, noi non siamo in quell'ambito.
Così la storia può affermarsi e questo perché la politica accetta o addirittura rifiuta in questo modo di dare un senso collettivo cioè comune della vita delle persone. Possono nascere nelle scelte individuali, fortune, carriere, ricchezze ma anche rassegnazione, solitudine ed indifferenza. E' la crisi dell'impero occidentale.
Allora forse la storia, cioè i fini, bisogna proiettarli nel futuro chiamando nuovi protagonisti a costruirlo, nuove generazioni, uomini e soprattutto donne, a costruirlo loro il loro futuro, con le loro menti, con i loro cuori, dare a loro lo spazio necessario, il ruolo che gli compete, il compito che li attende.Io considero questa, care compagne e compagni, quello di un rinnovamento della politica, di un ricambio generazionale di genere, la più missione anche per noi, per la sinistra, per la sinistra italiana, per la democrazia della nostra Italia.
Grazie di cuore a tutti.

giovedì 10 maggio 2007

Articolo di Carlo Flamigni - Perchè non entrerò nel PD

Non entrerò nel nuovo partito democratico per molte ragioni.
L’elenco di questi motivi lo hanno già fatto molti compagni, Mussi per primo, ha poco senso elencarli di nuovo. Una di queste ragioni, però, è così importante che, quando ne ho scritto, proprio su questo giornale, alcuni giorni prima del congresso di Firenze ero convinto che avrebbe fatto discutere.
Non è stato così, e la mia curiosità e i miei dubbi sono ancora aumentati. Perciò non seccatevi se ritorno su quell’argomento

Il mio articolo, in realtà, era una sorta di lettera aperta a Fassino (ma Fassino legge l’Unità? Non potrebbe informarsi Padellaro?) e, naturalmente, ai compagni che hanno deciso di seguirlo in questa (non facile) impresa.
Riassumo i contenuti: il Pontefice, scrivevo, sta cercando di imporre un’etica molto conflittuale e perentoria, quella della verità.. Per lui esiste, naturalmente, solo una verità, quella rivelata dalla sua fede: su questa verità non è possibile discutere; a questa verità non è possibile sottrarsi. A chi lo richiama alla opportunità di confrontare questa verità con quella degli altri, il papa risponde e risponderà non possumus.
Ebbene, il mio timore era ed è tuttora che almeno una parte dei cattolici della Margherita (una buona parte, a dir il vero), plurale di maestà a parte, risponderà nello stesso modo a quanti volessero ragionare, nel nuovo partito, sui temi che vengono definiti come eticamente sensibili : non possumus.

E poiché io non credo che si possa costruire un partito su queste premesse (cioè, per evitare equivoci, sulla impossibilità di dialogare e di mediare su temi che riguardano, solo per fare un esempio, i diritti individuali e la democrazia) chiedevo a Fassino di portare al congresso l’assicurazione di questi nuovi compagni che quel non possumus non l’avrebbero mai pronunciato.
Come vedete ho rinunciato, fino a questo momento, a parlare di laicità: e non perché non sia convinto che questo è il valore più importante sul quale si deve fondare un
Partito democratico e di sinistra, ma perché i molti interventi, le troppe definizioni, gli infiniti distinguo, gli strampalati arzigogoli degli ipocriti, degli ignoranti e dei bugiardi non consentono più di usare con semplicità questa semplicissima parola.

Se non fosse così avrei concluso questo discorso molto rapidamente , ricordando a tutti che la laicità rifiuta le verità rivelate e non accetta graduatorie di valori etici.
Poiché così, come tutti sapete, non è, lascio da parte le definizioni e i principi teorici e mi limito a elencare i temi che i filosofo laici ( Eugenio Lecaldano, Carlo Augusto Viano, Maurizio Mori non me ne vorranno se saccheggio i loro scritti) considerano parte fondamentale del loro pensiero, temi sui quali, lo ricordo ai compagni che mi leggono, il Partito Democratico non potrà neppure discutere perché gli interlocutori naturali, a quanto mi è dato capire, non potranno.

L’etica laica, che ragiona etsi deus non daretur, come se dio non ci fosse, sostiene il principio della qualità della vita, in contrasto con il principio cattolico della sacralità, e si ispira all’ideale di una esistenza accettabile per qualità e per valori, il che vuol dire umanamente vivibile.
Ritiene che ogni individuo abbia pari dignità e che non possano essere tollerate autorità superiori che possano arrogarsi il diritto di scegliere per lui in tutte le questioni che riguardano la sua salute e la sua vita.
Nel rispetto più assoluto delle convinzioni religiose dei singoli individui rifiuta l’imposizione di valori “superiori” e vuol garantire a ognuno il diritto di scelte e decisioni personali e ponderate .
Il pensiero laico sostiene la tesi della completa umanità della morale, respinge la nozione ontologico- normativa di natura e difende il principio della disponibilità di ogni singola esistenza, fino alle scelte personali più estreme.

Essa considera la scienza e la ricerca scientifica come le fonti fondamentali del progresso della società, della quale rappresentano il maggior investimento; i confini dell’autonomia della ricerca scientifica non possono, di conseguenza, essere tracciati da morali religiose ossificate e obsolete ,ma debbono dipendere, in modo dialettico, dalla morale di senso comune, il senso collettivo di bene e di male che ci appartiene come esseri umani.
L’etica laica rifiuta ogni mistica della sofferenza e del sacrificio, e non crede nel valore salvifico del dolore; sostiene un concetto funzionalista del concetto di persona umana e ritiene che sia corretto separare, di principio e di fatto, essere umano e persona.
Essa accetta il pluralismo non come semplice dato sociologico ma come valore ed è ostile ad ogni limitazione delle libertà individuali e a ogni confusione tra morale e diritto.
Infine, oltre a rifiutare ogni ricorso a principi deontologici assoluti, ritiene pienamente legittime pratiche come l’aborto, l’eutanasia, la fecondazione assistita, la donazione di gameti, le indagini genetiche sugli embrioni, ( e, se volete continuare, la pillola abortiva, il preservativo, l’educazione sessuale, la pillola del giorno dopo, il riconoscimento delle famiglie di fatto, la ricerca sulle cellule staminali embrionali….).

Non c’è dubbio che questo sia un modo diverso di considerare l’esistenza: si contrappongono, ad esempio, il principio di garantire agli individui la miglior qualità di vita possibile e quello che fa della mera durata della vita il criterio dominante delle cure mediche.
Ammettere che l’esistenza non è nostra significa assistere impotenti al disfacimento del proprio corpo, nel dolore e nell’angoscia più miserevoli. accettando persino la disgregazione della propria dignità.
Credere nella sacralità della vita vuol dire lasciare che nasca un bambino concepito da un stupro a così gravemente malconformato da non poter avere altra esperienza se non quella del dolore.

Se accettiamo il principio della cooperatio ad malum non potremo mai utilizzare frutti della ricerca scientifica che abbiano voluto giovarsi di conoscenze ottenute da studi considerati illeciti. Due concezioni del tutto diverse della vita e dell’esistenza di ciascuno di noi, accettare l’una o l’altra significa prenotarsi per percorsi completamente diversi e che in molti casi ci allontaneranno dal resto del mondo.

Come laico ho in grande antipatia il proselitismo, non sto cercando di convincere nessuno.
Mi chiedo però per quale ragione, visto che non voglio convincere nessuno a vivere come me, ci siano persone alle quali è consentito costringermi a vivere come loro.
Mi chiedo per quale ragione, di questo, non mi sia consentito discutere, nemmeno all’interno di un partito al quale dovrei liberamente aderire.

Vedete compagni, iscriversi a un partito è un modo straordinariamente virtuoso di rinunciare alla propria libertà, sciogliendola in quella di molte altre persone delle quali condividi valori e speranze.
Ho sempre condiviso valori e speranze con voi; non riesco a capire cosa potrei condividere con persone che non ritengono neppure di poter discutere con me di cose che io considero fondamentali per la mia vita e la mia libertà, come i miei diritti di persona e di cittadino.

Debbo dirvi molto sinceramente, a questo punto, che non vi capisco più.
Al congresso di Firenze, alla fine, piangevano un po’ tutti. Avrei potuto farlo anch’io, non c’ero poi così lontano.
Ma era un funerale, il funerale del mio vecchio partito laico e di sinistra, e mi è venuto in mente quello che diceva Alieto Tibuzzi a proposito dei dolori asciutti, che sono più intensi e più rispettosi.
Auguri, compagni.

L'Unità, 4 maggio 2007

Intervento di Massimo L. Salvatori - Roma, 5 maggio 2007

Per una forza politica nuova rispondere agli interrogativi e ai problemi posti dalla sua collocazione nello scacchiere nazionale e dal come muoversi in essa è di primaria importanza.
Ma deve essere al tempo stesso chiaro che il volto di una forza politica, nel mondo della globalizzazione economica, della politica internazionale dominata dai grandi soggetti tra i quali si colloca l’Unione Europea di cui siamo parte, è delineato anzittutto dal rapporto in cui si pone con le grandi vicende che hanno cambiato la storia e che oggi determinano l’abc delle culture politiche e a seconda dei luoghi nei quali si colloca nella mappa degli schieramenti sopranazionali.
Si tratta del detto “Dimmi con chi vai e come, e ti dirò chi sei e dove vai”.

Quella che fino a ieri era la sinistra Ds non è salita sulla nave del Partito democratico.
Non ha compiuto questo passo in nome di una sinistra ancorata ai valori e alle finalità del socialismo democratico, decisa a tutelare una laicità dello Stato continuamente aggredita e troppo spesso negata, animata dalla volontà di difendere gli interessi dei lavoratori in un quadro socio-economico che vede aumentare le vecchie e nuove disuguaglianze, determinata a restare nel seno del Partito socialista europeo.
Ha fatto questa scelta, inoltre, perché intende opporsi ad una deriva centrista del sistema politico cercando opportune intese con le altre correnti della sinistra.
Tutti questi sono obiettivi forti e giusti, ma vanno perseguiti nella chiarezza, senza cui la sinistra che si colloca a sinistra del Partito democratico – al quale si rimprovera una operazione di assemblaggio che persegue un’unità tra componenti diverse e contraddittorie – rischia, io credo, di riproporre un analogo equivoco.
Pensare di usare genericamente la categoria “sinistra” per trovare un collante che faccia da controaltare a quello offerto al Partito democratico dalla categoria del “riformismo” equivale a compiere una operazione per certi versi analoga.
Si tratta invece di delineare con coerenza il volto della sinistra che si intende essere.
Dunque: quale sinistra?

Per rispondere a questo interrogativo occorre dare un giudizio e tirare le conseguenze che ne derivano su una serie di dati di fatto prodotti dalle grandi vicende storiche a cui accennavo.
Il primo è il lascito catastrofico del socialismo reale attuato dai regimi comunisti, che non solo ha favorito immensamente l’offensiva neoliberista e neoconservatrice ma ha altresì reso difficile e persino delegittimato agli occhi di vasti strati sociali che pure ne sono vittime la critica teorica e la mobilitazione politica e sociale contro di esso.

Il secondo è il ridursi del neocomunismo, là dove questo sopravvive, ad una forma di veicolo di reali disagi sociali la quale si manifesta mediante un discorso essenzialmente retorico.

Il terzo dato è che l’Internazionale socialista e il Partito socialista europeo, che pure costituiscono un’imponente forza organizzata, stentano a darsi una teoria critica del dominio delle plutocrazie capitalistiche e dare alla pratica riformistica – nella mia opinione l’unica possibile e realistica – un carattere sufficientemente incisivo.

Tirare le somme per una nuova forza di sinistra in questo scenario non è facile, anzi è una impresa decisamente ardua. Eppure bisogna farlo.
Personalmente la vedo così.
Mi soffermo dapprima sulla scena internazionale.
La sinistra Ds ha condotto la sua battaglia in nome del socialismo democratico europeo.
È questo il suo naturale e coerente ancoraggio.
Bisogna dare un contributo a risvegliare la critica di un capitalismo che accresce le disuguaglianze e devasta in maniera predatoria l’ambiente e a elaborare politiche atte a contrastare queste tendenze e a invertirle, reagendo rivendicando il ruolo dei poteri pubblici democraticamente legittimati di fronte al crescente potere di una plutocrazia industriale e finanziaria che ha assunto direttamente nelle proprie mani le maggiori decisioni attinenti alla produzione e alla dislocazione delle risorse obbedendo alla logica dominante del proprio profitto e riducendo i governi a enti amministrativi oppure assumendone direttamente la direzione, come nel caso dell’amministrazione Bush.

E vengo alla scena italiana.
Penso, lo voglio ripetere, che attualmente non sia la sinistra intesa genericamente a poter costruire un comune denominatore politicamente efficace delle forze che si collocano a sinistra del Partito Democratico nella topografia parlamentare.
I poli non possono che essere due: l’uno quello dei socialisti democratici ancorati al PSE, l’altro quello della sinistra chiamata ancora a fare i conti con il lascito del comunismo.
Queste due sinistre possono collaborare, devono farlo, devono trovare punti di intesa, muoversi anche insieme sulla base delle intese raggiungibili.
Ed è da augurasi che prima o poi si creino le condizioni per un incontro, che non vedo possibile se non sul terreno del socialismo democratico.
Bisogna inoltre operare perché le due sinistre trovino gli opportuni raccordi con il Partito democratico per governare il Paese, naturalmente a condizione che questo non subisca una inaccettabile deriva centrista e moderata.

Un’ultima considerazione.
È comprensibile che, mentre lo scenario politico italiano è tutto in movimento, mentre a sinistra del Partito democratico si pongono interrogativi e si impongono risposte in tema di trasformazioni e aggregazioni, si paghi lo scotto alle rivendicazioni di orgoglio di parte che affondano nel passato di ciascuno.
Lo hanno fatto recentemente sia Boselli sia Diliberto, quello affermando l’orgoglio di essere socialisti e la volontà di far rinascere il Psi, questo proclamando l’orgoglio di essere comunisti.

Mi permetto di dire a Boselli e a Diliberto che devono stare attenti.
Non si illuda Boselli. La storia non passa invano. Di fronte ad un Psi rinato la gente, gli elettori, non penseranno al Psi di Turati e degli apostoli del socialismo umanitario, ma al Psi dei primi anni novanta, e di fronte alle manifestazioni di orgoglio dei neocomunisti questa stessa gente e questi stessi elettori penseranno al guscio che quando era pieno tradì le sue promesse e al guscio vuoto di oggi.

Se si vuole davvero una sinistra all’altezza dei tempi e dei problemi che abbiamo di fronte bisogna che sulle rivendicazioni orgogliose prevalgano lo spirito critico verso il passato il quale altro non è, nella sostanza, se non la vera fiducia nel futuro e la volontà di rimuovere i detriti che la storia ha depositato per quanto ciò possa essere doloroso salvando di essi quel che davvero si può e vale la pena di salvare.

Intevento di Claudio Fava - Roma 5 maggio 2007

Care compagne, cari compagni,oggi si conclude definitivamente il carteggio virtuale tra noi e il Partito democratico.
Da questo momento la nostra priorità sarà definirci: non più per sottrazione rispetto agli altri, ma per “intenzione”: cosa sarà la Sinistra Democratica, in quale direzione si muoverà, assieme a quali forze politiche…

Mi piacerebbe che nei mesi a venire il nostro movimento politico riscoprisse la saggezza di Barthleby, lo scrivano di Salinger: vi ricordate la soavità e la fermezza con cui Barthleby diceva “preferirei di no”?

Ecco: dobbiamo tornare a pronunciare alcuni “no” costruttivi, utili a fissare dei confini e a difenderli. Perchè non tutto in politica può essere patteggiato.
Dunque No a chi propone un silenzioso patteggiamento sulla memoria. Parlo di una memoria concreta, quotidiana, fatta di gesti, atti, parole… Vedete, questo è l’unico paese in cui chi perde o sbaglia continua a scrivere la storia.

Per capirci, per andare alla memoria dei gesti e delle parole, anni fa un deputato di Forza Italia disse che se il procuratore Borrelli fosse stato impiccato, avrebbe voluto assistere alla sua esecuzione in prima fila. Un linguaggio irakeno…

Bene, quel deputato, Giampaolo Nuvoli, poi passato all’Udeur, qualche giorno fa è stato chiamato a ricoprire un incarico di altissima responsabilità al ministero della Giustizia.

Ed allora oggi, da qui, chiedo formalmente al ministro Mastella di ritirare questa delega al signor Nuvoli, per rispettare la memoria delle cose intollerabili che da parlamentare disse contro un giudice.Così come chiedo al governo italiano di ritirare il vincolo del segreto di stato dagli atti relativi al sequestro di Abu Omar in Italia da parte della CIA.

Perchè verità e sovranità del nostro paese sno beni indisponibili, e non possono essere patteggiati.
Infine chiedo che si dica No a chi vuole un patteggiamento perfino sulla questione morale:un patteggiamento silenzioso, mai dichiarato…
Diciamolo, in questi anni nelle direzioni di partito, nelle discussioni degli organismi, negli ordini del giorno la questione morale è stata spesso derubricata tra le varie ed eventuali.

La conseguenza è una morale a geometria varabile per cui ciò che è inammissibile a Torno diventa compatibile e tollerabile a Palermo, come se Calabria e Sicilia fossero colonie d’oltremare.
Anch’io, come molti di voi, ho visto due giorni fa il bellissimo documentario su Pio La Torre.

La cosa che più mi ha stupito, e per un certo verso amareggiato, sono state le parole cariche di rabbia, di passione, di lucidità dei suoi ormai vecchi, vecchissimi compagni del partito e del sindacato.

Ho aspettato per dieci anni di ascoltarle nei DS, quelle parole: inutilmente.

Infine, vi chiedo una moratoria sugli aggettivi: da oggi parliamo di sinistra e basta, facciamo di questa parola una categoria generosa che sia capace di parlare a tutti.

E che comprenda tutti.

Compagni socialisti e compagni comunisti. 86 anni dopo Livorno, è tempo che tutti si possano sentire testimoni e protagonisti della stessa storia.

lunedì 7 maggio 2007

Intervento conclusivo di Giovanni Berlinguer - Assemblea Costituente di Sinistra Democratica


"Buona fortuna, compagni": così Fabio concludeva il suo intervento a Firenze, con un messaggio di fiducia e di speranza rivolto a coloro che hanno scelto di dar vita al Partito democratico.
E buona fortuna a noi, in questa impresa coraggiosa e lungimirante!
Il nostro movimento non vuole, non può esser un altro partito nell'ampia costellazione di sigle (e di poteri) che coprono e a volte offuscano il cielo politico dell'Italia.
Vuole essere soprattutto un'energia aggregante, che si associa ad altre per unirsi e per colmare un vuoto.
Sono convinto (e contento) che anche nel partito democratico emergeranno tendenze e idee di sinistra.
Ma il vuoto si è creato: con il nome scelto, con il rigetto vero le tradizioni e verso coloro che le hanno personificate, con le oscillazioni sulla laicità dello Stato, con la svalutazione del socialismo europeo come un optional demodè, e a volte come un reperto archeologico di un lontano passato.

Ma la politica ha orrore del vuoto! Come la natura di cui scrisse il poeta e filosofo Tito Lucrezio Caro nel " De Rerum Natura" (la natura delle cose): " Natura abhorret vacuum".
Così la politica deve essere piena, ricca di varietà, di stimoli, di idee, di valori morali e culturali; e se non è così apre inesorabilmente la strada ad avventure e a straripamenti, crea sacche di clientela e di corruzione e allontana i cittadini volenterosi: soprattutto i giovani.
Confesso che in questi giorni, pur riconoscente per l'onore di chiudere questo incontro, mi sono domandato se sia stato giusto dare l'incarico ad un compagno ottantaduenne; e se non sarebbe stato meglio ascoltare, alla fine, le valutazione e i suggerimenti di quattro giovani, ciascuno di venti anni e mezzo per quadrare la somma.
Pensiamoci almeno per il futuro, rapidamente.

Molte forme di partecipazione dei giovani alla politica si sono allentate (più precisamente: sono state frenate o deviate).
Tuttavia, nelle scuole e nelle attività volontarie, nelle piccole ma numerose riviste giovanili, negli scambi in Internet e nelle e mail e Sms, nella partecipazione alle manifestazioni per la pace e per il lavoro, si esprimono straordinarie risorse, impegni, fantasie: a volte esse sono frenate, solo raramente incoraggiate, mentre la loro volontà potrebbe accrescere e svecchiare le nostre forze e le nostre idee.
Un contributo altrettanto rilevante può venire dalle donne, che hanno acquisito sapere e forze che esercitano libertà e responsabilità, che sono capaci di relazioni molteplici tra generi e generazioni diverse. Anche loro,però, incontrano barriere ed ostacoli, subiscono discriminazioni nelle carriere e nelle assunzioni, sono soggetto di mercificazioni corporee e virtuali, e nella politica la superbia maschile le tiene lontane dagli incarichi di maggiore impegno: noi stessi siamo colpevoli di queste amputazioni che sono ingiuste, e che ostacolano il necessario rinnovamento della politica.
Giovani, donne; e con loro lavoratori e lavoratrici la cui condizione si aggrava di anno in anno. Il recente rapporto del "World Economic Outlook" testimonia che negli ultimi venticinque anni i salari sono stati surclassati dal profitto, erodendo le conquiste dei decenni precedenti.
In Europa, nel 1980, i lavoratori si ritrovavano con i tre/quarti del Pil (73%) e ora con meno di due/terzi (63%). Per contro, gli amministratori delle grandi imprese percepiscono milioni di euro, a palate, anche quando anziché essere manager si rivelano essere maneggioni, che portano al fallimenti aziende, azionisti, famiglie di lavoratori e risparmiatori.
A questo si aggiungono i due flagelli che colpiscono frequentemente chi lavora: la precarietà dell'impiego e gli infortuni che stroncano la vita. Su questi temi c'è oggi un crescente impegno del presidente Giorgio Napolitano, del governo, dei sindacati, che mi auguro sia profondo e continuo e infine risolutivo.

Può essere, questa, una delle strade che riavvicina i lavoratori e le lavoratrici alla politica: perché essi, ora, hanno ancora una forte e unitaria rappresentanza sindacale; ma non hanno più da tempo, una rappresentanza politica. Finché non comprenderemo e supereremo le ragioni di questo distacco, che si esprime anche nel voto politico, la nostra sinistra sarà una sinistra monca e intorpidita.
Sul mondo, questo mondo nel quale la scienza e la comunicazione fanno passi da gigante, nel quale molti popoli godono del benessere e molte nazioni riemergono dopo lungo tempo e rendono multilaterale la scena politica, incombono tre grandi minacce.

1. Le guerre.
Esse si propagano in molte parti del mondo, e oggi, a obbrobrio e vergogno di chi le scatena, uccidono più i bambini che i militari. Il governo italiano, a differenza del passato sta lavorando intensamente per la pace, con buoni risultati. Va ora rilanciato il processo del disarmo, avviato negli anni Novanta e poi interrotto. Le spese per le armi sono cresciute a quasi mille miliardi di dollari, metà dei quali nel bilancio degli Stati Uniti, che aprono nuovi fronti e creano nuovi ordigni, sempre più perniciosi e più letali. Tutto il surplus dell'economia mondiale, che è in espansione, sarà così destinato alle armi anziché allo sviluppo, alla povertà, alle energie rinnovabili. E'il momento di riaffermare il principio della "pace preventiva", di riprendere lo slancio che animò milioni di pacifisti che sfilarono per le strade del mondo il 20 marzo 2004, cioè di influire sulle grandi decisioni con il peso della "nuova superpotenza emersa nella storia, l'opinione pubblica , come la definì il New York Times.

2. Le ingiustizie.
Il mondo ha conosciuto quasi ovunque, con la vittoria sul nazismo, sul fascismo e sull'imperialismo giapponese, e con la liberazione delle colonie, un'epoca di progresso relativamente più equa. A partire dagli anni Settanta la globalizzazione, che è il modo di vivere e di progredire del ventunesimo secolo, è stata piegata alle regole del neoliberismo, e le ingiustizie sono cresciute in modo esponenziale. Si possono citare le statistiche della vita e della morte, che sono le più brutali.
Chi nasce nella Sierra Leone vive mediamente 34 anni, chi nasce in Giappone 82;
La probabilità di morire nell'età tra 15 e 60 anni è dell'8% in Svezia, del 46% in Russia, del 90% nel Lesotho. Nei paesi sviluppati, compresa l'Europa, la durata della vita di coloro che hanno qualifiche più basse e istruzione minore è di cinque/dieci anni inferiore a chi ha qualifiche alte e istruzione migliore.
Confesso che negli ultimi anni in seguito a queste malefatte del neoliberismo, mi sono gradualmente convertito al paleoliberismo, quello di Adam Smith che prima della "ricchezza delle nazioni" scrisse una "Teoria dei sentimenti morali". In quel suo libro, egli afferma che "persino la maggiore canaglia, il più incorreggibile trasgressore delle leggi della società, non è privo di alcuni principi che lo fanno partecipe delle fortune altrui, e che operano per la loro felicità". A questo egli aggiunse, per il rapporto con i lavoratori, "L'importanza di possedere ciò che è necessario per disimpegnare il proprio ruolo senza vergogna".Un lavoro dignitoso, si dice ora. Si parla dappertutto della lotta alla povertà, ma purtroppo, le disuguaglianze stanno peggiorando ulteriormente grazie alle "leggi spontanee del mercato". Inoltre, ciò che si chiama, "aiuti" raggiunge una quota minima delle necessità, e per ogni dollaro (o euro) che viene trasferito in un paese povero, se ne estraggono due come frutto degli scambi ineguali. Anche l'Unione europea partecipa di questo processo, mentre dovremmo essere più equi, più generosi e soprattutto più lungimiranti verso l'interesse comune, verso un mondo più giusto come fattore di pace.

3. La natura e gli uomini.
Chi vive oggi, e soprattutto chi non è ancora nato, è ora coinvolto nel più grande rischio che si sia mai presentato: la progressiva distruzione dell'equilibrio che ha reso possibile la nostra evoluzione e la nostra presenza nel pianeta. I processi, ormai, sono conosciuti e irrefrenabili. Le conseguenze politiche e filosofiche, (espresse già nel 1979 da Hans Jonas) sono chiarissime : "Non è più la nuda natura, ma il potere utilizzato per dominarla a minacciare l'individuo e la specie". E in conseguenza "L'uomo è diventato per la natura più pericoloso di quanto un tempo la natura lo fosse per lui. La tecnologia cessa di essere una sfera neutrale dell'agire umano, e diventa in modo ineludibile oggetto dell'etica".
E della politica.
Il mondo ha perciò bisogno che venga definito un nuovo inventario dei beni comuni, non disponibili per interessi privati e speculativi e messi al riparo dal saccheggio senza ritorno.
Il "laisser faire", che ha connotato anche positivamente l'espansione economica degli ultimi secoli, ha squilibrato le risorse naturali, e oggi il capitalismo non è in grado di controllare il rapporto con la natura. Sorgono temi nuovi per la politica: le esigenze di un governo equo ed unitario delle risorse; la ricerca di fonti energetiche pulite e rigenerabili, e al fondo la rivalutazione di ciò che era considerato come "bene comune".
Il catalogo di questi beni si è ora allargato, e nella nostra epoca comprende beni materiali come l'acqua, i mari, le grandi foreste; servizi come l'informazione; esigenze di benessere e di crescita come l'istruzione, i saperi, la salute.
Quale compito più alto può esservi che impegnarsi per le future generazioni e con esse, al fine di prevenire catastrofi e di garantire la continuità degli esseri umani e dell'evoluzione degli altri viventi?
Tra le tante persone che potrei oggi ricordare, mi piace rivolgere il pensiero a un compagno che ci ha lasciati, Tom Benettollo, che fu tra i primi a convincermi ad accettare l'avventura del "Correntone" dopo il Congresso di Pesaro.
Mi torna in mente una sua frase: "In questa notte molto scura, qualcuno di noi, nel suo piccolo, è come quei "lampadieri" che, camminando innanzi, tengono la pertica rivolta all'indietro, appoggiata sulla spalla -con il lume in cima.Così, il "lampadiere" vede poco davanti a sé - ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri.Qualcuno ci prova non per eroismo o narcisismo, ma per sentirsi dalla parte buona della vita. Per quello che si è".
Auguro a tutti noi un lungo cammino.

Intervento di Fabio Mussi - 5 maggio 2007

Care compagne, cari compagni,

il congresso dei Ds è finito da 15 giorni. I Ds non ci sono più. Lì - come sapete - fuori dal coro abbiamo parlato io e Gavino Angius per esprimere la nostra contrarietà, la nostra critica al Partito Democratico.
Certo, non erano opinioni personali, rappresentavamo un quarto degli iscritti ai Ds. Abbiamo voluto, anche, dare conto della fatica personale contenuta in quella scelta, della pena di un distacco.
Ed è stato anche un atto di rispetto verso chi ha fatto una scelta diversa da quella che noi oggi ci accingiamo a compiere. Questi sono i momenti in cui non si guarda alle convenienze, ma si dice esattamente quello che si pensa. Ci si guarda dentro, si fanno i bilanci di una vita. Si chiama "etica della convinzione", e recita: "fai quel che devi, avvenga quel che può".
E qualcosa è avvenuto: guardate questa sala, le migliaia presenti: si è accesa una speranza.
E quando si accende una speranza subentra un'altra etica: l'etica della responsabilità.
Ora, carissime compagne e compagni, siamo tutti reciprocamente responsabili. Responsabili di realizzare un progetto che serve all'Italia: salvare e rinnovare la Sinistra, garantire un futuro alla Sinistra italiana.
E oggi non vorrei parlare io, vorrei usare parole per dare voce a tutti voi, ai sentimenti e alle idee che vi attraversano la mente e il cuore.
Nella vita politica esiste una funzione dirigente, una "leadership" come ora piace dire. (soprattutto nei dintorni del partito democratico non si discute d'altro che della leadership, di chi deve comandare, di chi deve coordinare, di chi deve presiedere, di chi deve dirigere....)
Ciò che io voglio dire è che non ci sarà mai più una leadership se se non ci sarà una autentica partecipazione.
E partecipare non vuole dire ritrovarsi di quando in quando per eleggere i capi, ma esserci tutti ogni giorno, per confrontare le idee, discutere delle scelte e decidere insieme. Uomini e donne alla pari.

Oggi festeggiamo una nascita, nasce il Movimento Politico Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo. Abbiate tutti cura del neonato. Vi chiediamo di farlo crescere in ogni città, di organizzarlo nel territorio, di raccogliere adesioni.
Un movimento, non un altro partito. Un movimento a disposizione di un grande progetto, il progetto dell'unità della sinistra. Una sinistra - fatemi mettere gli aggettivi - nuova, plurale, laica, autonoma, critica, larga, di governo, del lavoro, della cultura, dell'ambiente, delle libertà, della liberta femminile!
Una sinistra non minoritaria, ambientata in Europa, che rappresenti parti grandi della società italiana e che tenga lo sguardo sul mondo, che diventi parte ineliminabile della storia d'Italia, che prenda di petto la crisi della politica moderna affinché si colmi il fossato scavato tra governati e governanti. Guai se i governanti diventano ceto politico e il ceto politico una casta, guai!
Una sinistra che guardi al nascente partito democratico non come ad un nemico, ma come ad un alleato, perché l'alleanza di centro-sinistra è e sarà il nostro spazio di azione politica: non siamo e non saremo mai quelli delle "mani libere" nelle alleanze.

Il nostro Movimento lavorerà sulle idee e avrà anche una Fondazione culturale perché c'è sete, soprattutto tra i giovani, di cultura e di cultura politica. Solo le idee contano davvero: celebrando i 70 anni della morte di Antonio Gramsci dobbiamo ricordare questa lezione.
Il nostro Movimento avrà una forza, avrà iscritti, tessere, organizzazione, strumenti di informazione a stampa e telematici e potrà contare presto, prestissimo su due forti gruppi parlamentari alla Camera e al Senato. Sarà rappresentato nel Parlamento Europeo da un nucleo di autorevoli eletti che resteranno saldamente ancorati al Gruppo socialista, la nostra famiglia, ma in un dialogo con tutti i gruppi della sinistra europea.
Si formerà un gruppo promotore nazionale.
Proponiamo che sia formato dai delegati al congresso delle due mozioni che aderiscono al Movimento e da personalità del mondo del lavoro, della cultura, dell'associazionismo, del volontariato.
Vi invito caldamente a formare analoghi comitati in tutto il territorio.
Saremo una forza unitaria, nessuno degli alleati deve temere.
E voglio allora, anche a nome vostro, inviare da qui un saluto a Romano Prodi.
Da qui gli arriva un messaggio di stima e di amicizia. Noi non dimentichiamo che attorno a lui si è costituita l'Unione che ha battuto Berlusconi, che ha fermato l'ondata di destra populistico plebiscitaria che minacciava il cammino democratico dell'Italia antifascista e repubblicana. Il Governo ha bisogno di sostegno e stabilità. Si vedono i risultati della sua azione, siamo fuori dall'emergenza dei conti pubblici, si intravede la luce in fondo al tunnel. Si sono fatte cose importanti, l'ultima che credo meriti il nostro plauso, è il disegno di legge sull'Immigrazione proposta dai Ministri Amato e Ferrero.
Ora bisogna riprendere speditamente il passo delle riforme, e una riforma importante da realizzare finalmente dopo tanti anni è quella del conflitto di interesse.
Romano non ti lasciare impressionare, vai avanti!
Riprendere il passo delle riforme vuol dire ripartire dal programma dell'Unione. Vedete, dico "riforme" piuttosto che "riformismo". La parola "riformismo" è inflazionata, e giorno e notte è aperto un ufficio di distribuzione patenti. Ma la parola lascia il tempo che trova perché vale il motto: dimmi che riforme vuoi e ti dirò chi sei.
Riforme per governare un Paese in cui sono cresciute le disuguaglianze, in cui la società è immobile, in cui il figlio dell'ingegnere fa l'ingegnere e il figlio dell'operaio continua a fare l'operaio, se gli va bene, altrimenti fa il precario o il disoccupato. Un Paese in cui crescono i profitti ma scendono i salari, in cui i sistemi dei servizi, della formazione, della ricerca segnano il passo. Su questo vi chiedo un aiuto, stavolta da Ministro. Sto provando a riformare l'Università e la Ricerca, mi ispiro ai principi di uguaglianza, merito e qualità, ma c'è bisogno di risorse, non si può fare il bis della Finanziaria di quest'anno. Il mondo e l'Europa corrono, corrono, corrono, ma con uno sviluppo senza formazione, senza scuola, senza ricerca, non c'è futuro per l'Italia. L'Italia è il Paese di Galileo Galilei. L'Italia ha dato un contributo enorme alla scienza moderna, alla cultura universale. Mi ribello all'idea che diventi la periferia del mondo lanciato nella società della conoscenza. Per questo chiedo, insieme a voi, risorse e investimenti in scuola, formazione, università e ricerca.
L'Italia è il nostro Paese, un Paese di cui andiamo orgogliosi, dove tuttavia ovunque ci giriamo - nella vita civile, economica, politica - si sbatte la testa nella questione morale. Non aveva torto Enrico Berlinguer. Non esisterà mai più buona politica se non risorgerà una etica pubblica, il senso del dovere, il rispetto della legalità, il piacere dell'onestà. Noi su questo saremo intransigenti, radicali.
Si, saremo radicali! La verità, compagne e compagni. È che per essere realisti, come noi siamo, bisogna andare alla radice dei problemi.
La verità semplice è questa: oggi non si può essere riformisti se non si è anche radicali. "Radicali" viene usato per "estremisti". Io vi propongo un impegno solenne contro l'estremismo.
L'idea della guerra è estremista. In un mondo in cui si spendono 1100 miliardi di dollari per armamenti, far ripartire la corsa per gli armamenti, magari con lo scudo spaziale, è estremista. L'idea di esportare la democrazia sulle ali dei caccia bombardieri è estremista.
Il fatto che un manager guadagni quando 500 operai e 600 ricercatori, è estremista. Il fatto che si possa controllare una grande impresa controllando una finanziaria che rappresenta lo 0,6 del capitale, è estremista. Il fatto che i giovani siano sempre più precari e possano restare precari a vita, è estremista.

Il Family Day ! - una manifestazione contro i Dico, come sostengono i promotori e come giustamente afferma Rosy Bindi - è estremista. Ma come si fa nel nome della famiglia ad accanirsi contro le persone liberamente conviventi? La rinascente fobia verso gli omosessuali, è un sentimento estremista. Noi siamo moderati...
Per questo vorremo vedere più rispetto. Rispetto per il lavoro, per le persone in carne ed ossa, per le differenze di etnia, di cultura, di religione, di sesso, per la libera coscienza degli individui. La pensiamo come un grande autore che vive in America Richard Sennet, che é stato il primo a studiare gli effetti sull'uomo della precarietà e in un libro autobiografico si chiede "ma perché nel mondo c'è tanto poco rispetto, una merce così a buon mercato?". Per questo ci piace la Costituzione Repubblicana, un testo pieno di rispetto, e ci piace ricordare la Resistenza da cui è sorta.
E così, quando invochiamo l'unità a sinistra lo facciamo con rispetto. Verso le posizioni, la storia, le identità di tutte le forze che stanno a sinistra. Ci rivolgiamo a tutti perché ci si metta in cammino. Ci rivolgiamo ai compagni dello Sdi. Saluto Enrico Boselli. Sono andato al loro Congresso. Sono stati coraggiosi, con loro condividiamo l'appartenenza al Pse e la difesa della laicità dello Stato che è lo spazio di libertà di tutti e di ognuno, anche della Chiesa. E saremo al loro fianco in questa battaglia.
Ci rivolgiamo ai compagni del Pdci. Cesare Salvi ha parlato al loro Congresso. Saluto Oliviero Diliberto, che ha detto una cosa importante: "vogliamo una sinistra senza aggettivi". Mi pare una mano tesa e noi raccogliamo questa mano.
Ci rivolgiamo agli amici del Sole che Ride. Ieri sono stato a parlare alla loro convention, dove sono state dette cose importanti, anche politicamente importanti, e dove è stato approvato un bel documento, un Patto per il clima che ho sottoscritto e che invito tutti a sottoscrivere, perché quello è un punto cruciale degli anni che verranno.
Ci rivolgiamo ai compagni di Rifondazione Comunista, che hanno dato forza al principio della pace e della non violenza. Fausto Bertinotti ha parlato di "massa critica": vuol dire che nessuno può bastare a se stesso. E a Franco Giordano, che saluto, che propone di cominciare a discutere del tema del lavoro mi sentirei di rispondere: siamo d'accordo, cominciamo subito.
Siamo tutti insieme al governo. Massimo D'Alema tempo fa a detto: "Ma Mussi dove va, che domani ci vediamo in Consiglio dei Ministri...". Caro Massimo ma domani ti vedi anche con Emma Bonino, con Bianchi, con Ferrero, con Pecoraro Scanio: siamo tutti al governo è questo il fatto nuovo che fino ad ora non si è voluto guardare.
Ci rivolgiamo alle tante aggregazioni che si sono formate in questi anni, i compagni di Rossoverde, di Uniti a Sinistra, dell'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra, al Cantiere di Achille Occhetto, che è qui e che saluto.
E alle tante e ai tanti che in questi anni si sono tirati da parte delusi, che si sono messi ai bordi della strada aspettando qualcosa di nuovo.
Care compagne e cari compagni qualcosa di nuovo sta arrivando tornate in campo tutti. Ci rivolgiamo alle tante e ai tanti che sono impegnati nell'associazionismo e nel volontariato, un esercito di giovani, a tutte quelle persone che restituiscono alla politica la sua alta dignità di impegno civile e di attività volontaria. Non dimentichiamolo mai, con lo stato moderno la politica è anche professione, bisognerebbe dirlo in tedesco con Max Weber: "Beruf" vuol dire "professione" e "missione".
Ma le cose più importanti della vita, l'amore, l'amicizia, i valori morali, la fede politica, sono gratuite.
Ci rivolgiamo a tutta la società italiana, agli uomini e alle donne delle professioni, della cultura, della impresa responsabile che sa di dover essere sana economicamente e di dover rispondere a tutta la società di quello che fa e di come lo fa.
Ci rivolgiamo al mondo del lavoro, sindacalisti e lavoratori. Agli operai che non sono scomparsi, sono milioni ed è l'ora di non accorgercene solo quando ci fischiano. E bisogna smetterla di parlare degli operai come gli antropologi parlano dei Maori, come qualcosa che va studiata da fuori. Dobbiamo tornare con loro e insieme a loro.
Ci sono mondi nuovi da scoprire e tradizioni da non disperdere. Della migliore tradizione comunista, socialista, azionista, democratica vogliamo custodire gelosamente il senso di una appartenenza e di un dovere nazionale. Noi, lo dico a tutti i nostri amici e compagni, costruiamo questo movimento non per metterci in concorrenza con altri, non aspiriamo alla nostra fetta elettorale, non vogliamo fare le mosche cocchiere.
Ma a tutti abbiamo da dire questo: amici, compagni, " ora fuori dalle trincee, fuori dalle trincee". Mettiamoci in campo aperto. Certo non rinunciamo al sogno di un nuovo grande partito vero, plurale e unitario della sinistra italiana. Sarebbe bello se ci fosse subito ora la possibilità di un bing bang, se ci fosse data la possibilità di un qualcosa che assomigli a quanto seppe fare in Francia François Mitterand con Epinay. Ma la strada si fa un passo alla volta.
Ripartiamo dai contenuti, dalle grandi questioni del mondo di oggi, un mondo in cui al tempo stesso è stato svalorizzato il lavoro e depredata la natura, in cui tutto cambia rapidamente e le generazioni viventi si trovano al tempo stesso a dover fronteggiare sfide mai viste e in tempi rapidissimi. Mi ha colpito l'osservazione di uno studioso che ho ascoltato giorni fa, quando ha detto che la storia della nostra specie è questa: mille generazioni hanno comunicato parlando, cento scrivendo, una - la nostra - comunica via internet. Sfide mai viste che richiedono al tempo stesso un salto tecnologico e una grande riforma, la più grande che mai ci sia stata - della società e dell' economia - per renderle giuste, sostenibili, equilibrate, abitabili per quelli che verranno. L'economia non è un feticcio: è la forma in cui gli uomini organizzano la produzione e gli scambi. Lo sappiamo, si presenta come una "seconda natura", ma non è natura.
Non è vero che sinistra e socialismo sono cani morti. Come va il mondo richiede più sinistra e più socialismo di quello dei secoli che abbiamo alle spalle.
Compagne e compagni, c'è un lavoro enorme da fare.
Io ve lo dico sinceramente: non sono sicuro del successo. Vedo le difficoltà, gli ostacoli da superare, ma sbaglio se parlando anche a nome di tutti voi dico: non è sicuro il successo, ma oggi tutti insieme sentiamo il dovere di provarci?
Di provarci! Un dovere verso la sinistra, un dovere verso il nostro Paese.
Avanti compagne e compagni perché stavolta si può.
Viva la sinistra e viva l'Italia.