lunedì 7 maggio 2007

Intervento conclusivo di Giovanni Berlinguer - Assemblea Costituente di Sinistra Democratica


"Buona fortuna, compagni": così Fabio concludeva il suo intervento a Firenze, con un messaggio di fiducia e di speranza rivolto a coloro che hanno scelto di dar vita al Partito democratico.
E buona fortuna a noi, in questa impresa coraggiosa e lungimirante!
Il nostro movimento non vuole, non può esser un altro partito nell'ampia costellazione di sigle (e di poteri) che coprono e a volte offuscano il cielo politico dell'Italia.
Vuole essere soprattutto un'energia aggregante, che si associa ad altre per unirsi e per colmare un vuoto.
Sono convinto (e contento) che anche nel partito democratico emergeranno tendenze e idee di sinistra.
Ma il vuoto si è creato: con il nome scelto, con il rigetto vero le tradizioni e verso coloro che le hanno personificate, con le oscillazioni sulla laicità dello Stato, con la svalutazione del socialismo europeo come un optional demodè, e a volte come un reperto archeologico di un lontano passato.

Ma la politica ha orrore del vuoto! Come la natura di cui scrisse il poeta e filosofo Tito Lucrezio Caro nel " De Rerum Natura" (la natura delle cose): " Natura abhorret vacuum".
Così la politica deve essere piena, ricca di varietà, di stimoli, di idee, di valori morali e culturali; e se non è così apre inesorabilmente la strada ad avventure e a straripamenti, crea sacche di clientela e di corruzione e allontana i cittadini volenterosi: soprattutto i giovani.
Confesso che in questi giorni, pur riconoscente per l'onore di chiudere questo incontro, mi sono domandato se sia stato giusto dare l'incarico ad un compagno ottantaduenne; e se non sarebbe stato meglio ascoltare, alla fine, le valutazione e i suggerimenti di quattro giovani, ciascuno di venti anni e mezzo per quadrare la somma.
Pensiamoci almeno per il futuro, rapidamente.

Molte forme di partecipazione dei giovani alla politica si sono allentate (più precisamente: sono state frenate o deviate).
Tuttavia, nelle scuole e nelle attività volontarie, nelle piccole ma numerose riviste giovanili, negli scambi in Internet e nelle e mail e Sms, nella partecipazione alle manifestazioni per la pace e per il lavoro, si esprimono straordinarie risorse, impegni, fantasie: a volte esse sono frenate, solo raramente incoraggiate, mentre la loro volontà potrebbe accrescere e svecchiare le nostre forze e le nostre idee.
Un contributo altrettanto rilevante può venire dalle donne, che hanno acquisito sapere e forze che esercitano libertà e responsabilità, che sono capaci di relazioni molteplici tra generi e generazioni diverse. Anche loro,però, incontrano barriere ed ostacoli, subiscono discriminazioni nelle carriere e nelle assunzioni, sono soggetto di mercificazioni corporee e virtuali, e nella politica la superbia maschile le tiene lontane dagli incarichi di maggiore impegno: noi stessi siamo colpevoli di queste amputazioni che sono ingiuste, e che ostacolano il necessario rinnovamento della politica.
Giovani, donne; e con loro lavoratori e lavoratrici la cui condizione si aggrava di anno in anno. Il recente rapporto del "World Economic Outlook" testimonia che negli ultimi venticinque anni i salari sono stati surclassati dal profitto, erodendo le conquiste dei decenni precedenti.
In Europa, nel 1980, i lavoratori si ritrovavano con i tre/quarti del Pil (73%) e ora con meno di due/terzi (63%). Per contro, gli amministratori delle grandi imprese percepiscono milioni di euro, a palate, anche quando anziché essere manager si rivelano essere maneggioni, che portano al fallimenti aziende, azionisti, famiglie di lavoratori e risparmiatori.
A questo si aggiungono i due flagelli che colpiscono frequentemente chi lavora: la precarietà dell'impiego e gli infortuni che stroncano la vita. Su questi temi c'è oggi un crescente impegno del presidente Giorgio Napolitano, del governo, dei sindacati, che mi auguro sia profondo e continuo e infine risolutivo.

Può essere, questa, una delle strade che riavvicina i lavoratori e le lavoratrici alla politica: perché essi, ora, hanno ancora una forte e unitaria rappresentanza sindacale; ma non hanno più da tempo, una rappresentanza politica. Finché non comprenderemo e supereremo le ragioni di questo distacco, che si esprime anche nel voto politico, la nostra sinistra sarà una sinistra monca e intorpidita.
Sul mondo, questo mondo nel quale la scienza e la comunicazione fanno passi da gigante, nel quale molti popoli godono del benessere e molte nazioni riemergono dopo lungo tempo e rendono multilaterale la scena politica, incombono tre grandi minacce.

1. Le guerre.
Esse si propagano in molte parti del mondo, e oggi, a obbrobrio e vergogno di chi le scatena, uccidono più i bambini che i militari. Il governo italiano, a differenza del passato sta lavorando intensamente per la pace, con buoni risultati. Va ora rilanciato il processo del disarmo, avviato negli anni Novanta e poi interrotto. Le spese per le armi sono cresciute a quasi mille miliardi di dollari, metà dei quali nel bilancio degli Stati Uniti, che aprono nuovi fronti e creano nuovi ordigni, sempre più perniciosi e più letali. Tutto il surplus dell'economia mondiale, che è in espansione, sarà così destinato alle armi anziché allo sviluppo, alla povertà, alle energie rinnovabili. E'il momento di riaffermare il principio della "pace preventiva", di riprendere lo slancio che animò milioni di pacifisti che sfilarono per le strade del mondo il 20 marzo 2004, cioè di influire sulle grandi decisioni con il peso della "nuova superpotenza emersa nella storia, l'opinione pubblica , come la definì il New York Times.

2. Le ingiustizie.
Il mondo ha conosciuto quasi ovunque, con la vittoria sul nazismo, sul fascismo e sull'imperialismo giapponese, e con la liberazione delle colonie, un'epoca di progresso relativamente più equa. A partire dagli anni Settanta la globalizzazione, che è il modo di vivere e di progredire del ventunesimo secolo, è stata piegata alle regole del neoliberismo, e le ingiustizie sono cresciute in modo esponenziale. Si possono citare le statistiche della vita e della morte, che sono le più brutali.
Chi nasce nella Sierra Leone vive mediamente 34 anni, chi nasce in Giappone 82;
La probabilità di morire nell'età tra 15 e 60 anni è dell'8% in Svezia, del 46% in Russia, del 90% nel Lesotho. Nei paesi sviluppati, compresa l'Europa, la durata della vita di coloro che hanno qualifiche più basse e istruzione minore è di cinque/dieci anni inferiore a chi ha qualifiche alte e istruzione migliore.
Confesso che negli ultimi anni in seguito a queste malefatte del neoliberismo, mi sono gradualmente convertito al paleoliberismo, quello di Adam Smith che prima della "ricchezza delle nazioni" scrisse una "Teoria dei sentimenti morali". In quel suo libro, egli afferma che "persino la maggiore canaglia, il più incorreggibile trasgressore delle leggi della società, non è privo di alcuni principi che lo fanno partecipe delle fortune altrui, e che operano per la loro felicità". A questo egli aggiunse, per il rapporto con i lavoratori, "L'importanza di possedere ciò che è necessario per disimpegnare il proprio ruolo senza vergogna".Un lavoro dignitoso, si dice ora. Si parla dappertutto della lotta alla povertà, ma purtroppo, le disuguaglianze stanno peggiorando ulteriormente grazie alle "leggi spontanee del mercato". Inoltre, ciò che si chiama, "aiuti" raggiunge una quota minima delle necessità, e per ogni dollaro (o euro) che viene trasferito in un paese povero, se ne estraggono due come frutto degli scambi ineguali. Anche l'Unione europea partecipa di questo processo, mentre dovremmo essere più equi, più generosi e soprattutto più lungimiranti verso l'interesse comune, verso un mondo più giusto come fattore di pace.

3. La natura e gli uomini.
Chi vive oggi, e soprattutto chi non è ancora nato, è ora coinvolto nel più grande rischio che si sia mai presentato: la progressiva distruzione dell'equilibrio che ha reso possibile la nostra evoluzione e la nostra presenza nel pianeta. I processi, ormai, sono conosciuti e irrefrenabili. Le conseguenze politiche e filosofiche, (espresse già nel 1979 da Hans Jonas) sono chiarissime : "Non è più la nuda natura, ma il potere utilizzato per dominarla a minacciare l'individuo e la specie". E in conseguenza "L'uomo è diventato per la natura più pericoloso di quanto un tempo la natura lo fosse per lui. La tecnologia cessa di essere una sfera neutrale dell'agire umano, e diventa in modo ineludibile oggetto dell'etica".
E della politica.
Il mondo ha perciò bisogno che venga definito un nuovo inventario dei beni comuni, non disponibili per interessi privati e speculativi e messi al riparo dal saccheggio senza ritorno.
Il "laisser faire", che ha connotato anche positivamente l'espansione economica degli ultimi secoli, ha squilibrato le risorse naturali, e oggi il capitalismo non è in grado di controllare il rapporto con la natura. Sorgono temi nuovi per la politica: le esigenze di un governo equo ed unitario delle risorse; la ricerca di fonti energetiche pulite e rigenerabili, e al fondo la rivalutazione di ciò che era considerato come "bene comune".
Il catalogo di questi beni si è ora allargato, e nella nostra epoca comprende beni materiali come l'acqua, i mari, le grandi foreste; servizi come l'informazione; esigenze di benessere e di crescita come l'istruzione, i saperi, la salute.
Quale compito più alto può esservi che impegnarsi per le future generazioni e con esse, al fine di prevenire catastrofi e di garantire la continuità degli esseri umani e dell'evoluzione degli altri viventi?
Tra le tante persone che potrei oggi ricordare, mi piace rivolgere il pensiero a un compagno che ci ha lasciati, Tom Benettollo, che fu tra i primi a convincermi ad accettare l'avventura del "Correntone" dopo il Congresso di Pesaro.
Mi torna in mente una sua frase: "In questa notte molto scura, qualcuno di noi, nel suo piccolo, è come quei "lampadieri" che, camminando innanzi, tengono la pertica rivolta all'indietro, appoggiata sulla spalla -con il lume in cima.Così, il "lampadiere" vede poco davanti a sé - ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri.Qualcuno ci prova non per eroismo o narcisismo, ma per sentirsi dalla parte buona della vita. Per quello che si è".
Auguro a tutti noi un lungo cammino.

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