giovedì 7 giugno 2007

Se la politica diventa giovane

Leggendo i commenti sulla politica d’oggi, sento dire spesso che i giovani non la frequentano, anzi la respingono.
Avrei voglia di rispondere, in questi casi, che la colpa è della politica, perché essa allontana i giovani, non essendo i suoi metodi molto esaltanti ed i suoi spazi molto accessibili.

Vorrei anche aggiungere che essi hanno qualche ragione per diffidarne, a causa dell’incuria, delle omissioni e delle distorsioni, perpetrate nei confronti delle loro esigenze, che hanno caratterizzato quasi tutti i recenti governi, dalle carenze del sistema scolastico alla moltiplicazione del lavorio precario e a un sistema pensionistico che rischia di escluderli.
Malgrado ciò, vedo crescere rapidamente, tra giovani e giovanissimi, col contributo di buone volontà o di istituzioni locali, un interesse diffuso per la cultura.

Solo negli ultimi mesi vi sono state originali manifestazioni nei campi più disparati, presentate con rigoroso livello congiunto a forme spettacolari, che sono state seguite in modo attento e appassionato da migliaia di giovani.
Mi riferisco al festival delle letterature di Mantova, alle lezioni di economia e finanza svolte a Trento, alle scuole aperte di matematica, alle lezioni di storia di Roma, dalla nascita ad oggi, presentate nel grande Auditorium, insufficiente a raccogliere tutti.

Mi riferisco anche al nascere di “scuole politiche”, avviate da associazioni o da partiti, e a personalità politiche che svolgono conferenze itineranti con temi e toni che vanno oltre le polemiche quotidiane e che possono costituire un antidoto alle invadenti, devastanti e scoraggianti esibizioni televisive dei soliti noti. Da questi eventi maggiori, e da molteplici notizie e sensazioni minori, traggo l’impressione che il divorzio tra cultura e politica, durato ormai un ventina d’anni, possa avviarsi a una qualche ricomposizione; e ne vorrei dare una personale e recente testimonianza.

Mi riferisco al Progetto Gutemberg della città di Catanzaro, quinta edizione, intitolato “Fiera del libro, della Multimedialità e della Musica”. Avviato nel 2003 dal Liceo classico Galluppi e dal suo preside Armando Vitali, esteso poi a molte scuole della Calabria e ai ragazzi delle media, ha compreso concerti e spettacoli, mostre di pittura, di fotografia, attività mediatiche e multimediali, mostre didattiche, e soprattutto libri e libri da leggere e da commentare.

La formula è stata molto semplice: proporre libri meritevoli di attenzione alla discussione degli alunni (o accogliere le loro proposte), per poi lavorarci insieme nelle classi, studenti e insegnanti, e arrivare infine al confronto diretto con gli autori e con altri interlocutori.Dal 28 maggio al 1° giugno la città è stata animata dalle scuole, e le aule sono state terreno delle molteplici domande, contestazioni, proposte dei giovani, sugli argomenti più disparati: la Palestina e il Medio Oriente, l’incontro tra civiltà, i codici matematici, il futuro del clima, la bioetica, la democrazia che non c’è, la Costituzione fra memoria e futuro, le città della Magna Grecia, il rapporto fra musica e letteratura, la memoria critica del comunismo, l’etica e la politica in Platone, e così via per cinque giorni, seguito ogni sera da concerti e spettacoli.

Tutto ciò mentre sentiamo ripetere come una filastrocca per i bambini che “si allarga la frattura tra i cittadini e i palazzi”. Ma vorrei dire che ci sono palazzi e palazzi. Questione di contenuti e di contenitori, di valori e di persone, di pratiche partitiche e canali di partecipazione.
La scuola, il suo essere momento fondamentale della costruzione della coscienza e del saper stare insieme come cittadini, torna ad essere un avamposto decisivo per sedimentare un comune senso civico fatto di diritti e doveri, di libertà e rigore.

Nel mondo dell’educazione e della cultura, ma potrei dire le stesse cose per la sanità, situazioni ed esperienze come quella di Catanzaro sono meno isolate di quanto possa apparire a prima vista. Davanti agli studenti e ai loro insegnanti ho sentito quanto sia insieme urgente e possibile ristabilire legami di fiducia tra lo Stato e i cittadini.

Non è vero e non è giusto affermare che le istituzioni sono popolate solo di inquisiti e di sfaccendati, mentre le persone libere e perbene - la società civile per capirci - vengono emarginate, oppure preferiscono starsene alla larga.
La legge elettorale del centrodestra, con i suoi meccanismi di “nomina degli eletti” da parte dei vertici di partito, è stata come il sale sulle piaghe. I partiti si sono ancor più arroccati, chiusi al dialogo, sordi alle richieste di pulizia, trasparenza ed efficacia che vengono in particolare dai lavoratori, dai giovani e dalle donne.

I “costi della casta”, per dirla con la fortunata espressione del libro di Rizzo e Stella, sono sotto gli occhi di tutti, e ben vengano tutte le misure per tagliare sprechi e ridurne il peso sui bilanci pubblici. Ma penso, e mi auguro, che si debba innanzitutto cambiare il clima di questo nostro paese diviso e arrabbiato.
Un clima che premi la passione, la voglia di far bene, che restituisca il gusto di dire la propria, di contare, di esserci.
Che dia senso e futuro all’entusiasmo che ho colto in quei giovani che si sono appassionati a leggere un libro, vedere uno spettacolo, discuterne tra loro e confrontarsi con gli autori e gli attori, che erano lì, a portata di mano e di voce, e non freddi e distanti come i leader dei partiti ospiti in questo o quel salotto televisivo.

Giovanni Berlinguer

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